Pienza, un tempo poco più che un borgo piccolissimo, divenuto esempio di alta architettura grazie al volere di Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, adesso è patrimonio dell’Unesco come l’intera Val d’Orcia. Da anni questa terra del gusto e dei sapori ospita una piacevole manifestazione che ha abbandonato il carattere locale per abbracciare quello nazionale. “L’obiettivo -fanno sapere dalla proloco- era quello di creare una mostra-mercato di alta qualità, che valorizzasse l’architettura della Piazza Pio II e del Palazzo papale, esaltando il carattere floreale classicheggiante già presente negli stilemi architettonici. Si scrisse allora che ‘Pienza e i fiori’ avrebbe dovuto essere la festa canonica di Primavera, una sorta di tripudio floreale che fosse un inno all’arrivo della bella stagione, dei nuovi frutti, un rito floreale propiziatiorio dell’anno agrario, che avrebbe trovato la sua corrispondenza successiva nella tradizionale festa cristiana del Corpus Domini, con la sua Processione della Fiorata. Così è stato per decenni. Oggi, con rinnovata carica artistica e motivazione estetica, Pienza e i Fiori si è arricchita di nuovi episodi e di nuove iniziative che ne fanno una delle feste più importanti della cittadina. Molti vivaisti locali e delle province toscane accorrono a una festa divenuta famosa in Italia e all’estero”.Nata tanti anni fa grazie alla collaborazione del vivaista di origine pientina, il professor Sirio Mangiavacchi, oggi la manifestazione include altre iniziative di carattere culturale. La novità di quest’anno è la presentazione al pubblico di un’inedita ‘Natura Morta’ di ambito caravaggesco, capolavoro del lucchese Simone del Tintore, tra i maggiori pittori naturalisti toscani del XVII secolo, proveniente da una collezione privata: l’opera sarà esposta fino al 2 giugno nel Museo Diocesano di Palazzo Borgia.
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