E’ vero che lavorare all’aria aperta, a contatto con sole e natura, contribuisce a innalzare il livello di endorfine e a sintetizzare la vitamina D, ma da qui a sostenere che debba essere promosso a terapia vera e propria il passo non è poi così breve.
Eppure ne è un sostenitore convinto Richard Thompson, presidente del Royal College of Physicians, il quale afferma che “è scientificamente provato che guardare un giardino migliora nettamente i tempi di recupero”. E non solo, il dottore londinese aggiunge che riconoscere al giardinaggio una funzione terapeutica consentirebbe allo Stato di risparmiare sui conti della Sanità. D’altronde un piccolo giardino non necessita di grandi spese, ma a quanto pare possiede proprietà di guarigione sorprendenti. Ridurre la degenza dei pazienti in ospedale, come è noto, porta risparmi significativi che possono essere girati a loro volta su altri ‘nervi scoperti’ del settore.
Come dicevamo, il giardinaggio aiuta a sintetizzare la vitamina D, fa bene all’umore, richiede una moderata attività fisica sufficiente a contrastare l’obesità ed è utile per il sistema cardiovascolare e -elemento tutt’altro che trascurabile- c’è il piacere di leggere un libro o respirare aria fresca in un ambiente curato e fiorito. Non ultima la soddisfazione di saper coltivare una pianta o, per chi ‘osasse’ un po’ di più, portare in tavola gli ortaggi coltivati da sé. Ottimo antistress che fa bene al cuore e alle tasche, garantendo la genuinità di quello che mettiamo nel piatto.
Spesso utilizzato per far esprimere i ragazzi con autismo o deficit mentali, il giardinaggio ha portato ottimi risultati anche nelle carceri o nelle comunità di recupero.
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