Fioriscono infatti agricoltori e “campi fai da te” come in una riedizione in chiave moderna degli orti di guerra nati al centro delle città americane (famosi sono i Victory gardens negli USA e in Gran Bretagna che nel 1945 sopperivano al 10 per cento della richiesta di cibo) e italiane: da noi erano nati per garantire approvvigionamenti alimentari nella fedele osservanza dell’imperativo del Duce, “non un lembo di terreno incolto”. “Con la crisi fare l’orto è divenuto una tendenza molto diffusa – afferma la Coldiretti in un suo rapporto di aprile scorso – che ha raccolto molti appassionati che oggi possono scegliere tra le tante possibilità agricole secondo lo spazio disponibile. A volte basta solo un balcone e poche decine di euro”. La Coldiretti, attenta allo studio del fenomeno spiega che “talvolta gli orti sono assegnati dai Comuni in comodato ai cittadini richiedenti e forniscono prodotti destinati al consumo familiare e, oltre a rappresentare un aiuto per le famiglie in difficoltà, concorrono a preservare spesso aree verdi interstiziali tra le zone edificate per lo più incolte e destinate al degrado”.
IL RAPPORTO VERDE ISTAT L’ultimo rapporto Istat sul Verde urbano dimostra che gli spazi dedicati al verde rappresentano in media il 2,7% del territorio dei comuni capoluogo di provincia (oltre 550 milioni di mq). Secondo il censimento effettuato dall’Istat quasi la metà, “circa il 44 per cento delle Amministrazioni dei capoluoghi di provincia ha previsto orti urbani tra le modalità di gestione delle aree del verde con forti polarizzazioni regionali: il 72 per cento delle città del Nord-ovest, poco meno del 60 per cento e del 41 per cento rispettivamente nel Nord-est e nel Centro, con concentrazioni geografiche in Emilia-Romagna e Toscana, ma ben rappresentate anche in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e nel Lazio. Nel Sud Italia, infine, ne esistono a Napoli, Andria, Barletta e Palermo”.
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