“C’era chi-per distinguere le proprie pagnotte dalle altre- le marchiava con i denti della forchetta, chi con il coltello oppure con un legume. E poi c’erano le famiglie che potevano permettersi i timbri del pane, degli stampi dalle fogge più diverse con cui si imprimevano le pagnotte da portare al forno. Ciascuno era geloso del proprio impasto e voleva essere certo, anche per ragioni d’igiene, di mangiare quello che aveva preparato con cura tra le proprie mura domestiche”. Massimo Casiello, titolare della bottega tornitura artistica atelier del legno di Matera, ci illustra i dettagli di un’antica usanza tramutatasi in arte.
Come è stato possibile trasformare un oggetto funzionale in un elemento di design?
Rimettere in gioco un elemento una volta così comune tra le famiglie locali è stato facile. Nei cittadini si fa leva sul ricordo, mentre con i turisti si chiude un cerchio: dopo la visita della città, attraverso il timbro del pane e la sua storia, chi viene da fuori capisce qual era lo stile di vita di un tempo e può comprendere il valore simbolico dell’oggetto. All’origine i timbri erano indispensabili per riconoscere il proprio pane, poi vennero utilizzati come dono d’amore per palesare alla ragazza le intenzioni serie del corteggiatore. Oggi sono un originale elemento di design.
Ma chi li realizzava?
Erano i pastori che -in special modo durante i periodi di transumanza- dedicavano molto del loro tempo alla creazione dei timbri. Arbusti e legname di fortuna erano le materie prime.
All’origine i timbri erano indispensabili per riconoscere il proprio pane, poi vennero utilizzati come dono d’amore per palesare alla ragazza le intenzioni serie del corteggiatore
Tutti avevano il proprio timbro del pane?
La fascia di popolazione più povera non poteva permetterselo, i pastori dovevano ricevere qualcosa in cambio del loro lavoro manifatturiero, e quindi le famiglie in difficoltà ricorrevano ad altri stratagemmi come i legumi o la forchetta per segnare il pane. Per le famiglie che invece possedevano il timbro, più l’oggetto era lavorato e più la famiglia era ricca. La massima espressione di ceto sociale elevato stava nel timbro a forma di catena.
Quali sono oggi le fogge dei timbri più in voga, i materiali e i costi?
Vanno per la maggiore la torre, simbolo di forza, l’arco -simbolo di protezione e che ricorda le porte di ingresso nei rioni dei Sassi-, le volte a botte, che secondo la tradizione proteggono il nucleo familiare a cui si regala il timbro, il gallo e la catena. Quest’ultima, con i suoi 80 euro, è la più costosa a causa della lavorazione complessa che richiede. Il gallo si attesta sui 40 euro e gli altri 35. Sotto ad ogni timbro vengono incise sul momento le iniziali desiderate. Mi sono state chieste anche forme particolari, ricordo in particolare quella del sax e del microfono, proprio a testimoniare la trasformazione del timbro da oggetto funzionale a elemento di design. I timbri si possono fare con legni di ulivo e noce. Io prediligo il tiglio, che grazie all’assenza di nodi si presta facilmente alla lavorazione e mi consente di mantenere un ottimo equilibrio qualità-prezzo.
In calce alla pagina le foto di alcune creazioni di Casiello
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