Parlare oggi di “giardino” è davvero difficile, ovunque si possono leggere e trovare opinioni e suggerimenti vari.
Grazie alle centinaia di esperti e appassionati possiamo “gustare” un mix di idee e bellezze uniche. Alcuni si cimentano nella realizzazione di prati inglesi e altri nel coltivare orti o fiori. Altri ancora nel piantare alberi da frutta e non, e così via discorrendo; insomma a ognuno il suo.
C’è nu jardinu a mezzu di lu mari
tuttu ‘ntissutu di aranci e ciuri
tutti l’aceddri ci vannu a cantari
puru i sireni ci fannu a l’amuri
Un Parco Giardino
Adesso mi piace parlare della mia idea di giardino, a me affascina molto la sua connotazione araba, quella che noi siciliani da sempre abbiamo reso nostra.
Insomma un “parco-giardino” dove Natura e Uomo si uniscono fino a fondersi, dove si cerca di creare un Eden, un paradiso terrestre.
Agli ulivi, alle viti e agli agrumi onnipresenti (tutti hanno almeno uno dei due), si contrappongono mandorli, nespoli, albicocchi, prugni. Ma anche peschi, melograni e ultime – ma non per importanza – le erbe aromatiche (rosmarino, menta, salvia, basilico ecc.). Presenti in vasi, vasetti o aiuole, senza dimenticare la regina di ogni buon giardino ovvero la rosa di ogni varietà e colore.
Il tutto da tradizione “abbiviratu chi vattali” piccoli percorsi d’acqua che permettono di irrigare la campagna, che a un po’ di sudore di contadino, creano una cornice più romantica.
Ebbene sì, la campagna per gli appassionati non è solo piacere dei sensi ma anche duro lavoro che viene ripagato ogni volta che i propri occhi incontrano questa meravigliosa visione.
Il giardino per coltivare… se stessi
Il giardino non è solo un luogo da cui ottenere frutti ma, è un luogo di ristoro dell’anima, è il posto dove ognuno di noi trova o riscopre il suo io più profondo, quello più segreto.
Di fatto entrare e osservare un giardino significa conoscere il suo proprietario.
Guardando con attenzione una fioriera, un’aiuola o un roseto, riconoscerete il carattere e percepirete la passione e l’amore del chi lo cura.
In questi anni grazie alla mia passione ho avuto il piacere di vedere tantissimi giardini, o per meglio dire “luoghi del cuore”. In ognuno di essi ho potuto scorgere il carattere del loro proprietario.
Alcuni mi parlavano dell’amore per gli alberi, altri per i fiori e altri ancora per gli orti. E ognuno mi raccontava il perché della scelta fatta.
Qualcuno mi diceva che non aveva molto tempo a disposizione e quindi preferiva le piante grasse, cito testualmente “l’abbivira u Signuruzzu” (le annaffia il Signore).
Altri mi dicevano di aver scelto i fiori in base alle sfumature cromatiche, altri ancora mi mostravano orgogliosamente le diverse varietà di rose che possedevano e mi parlavano delle storie e dei viaggi dietro ognuna di esse.
Ciascuno di loro, a fine giornata, mi lasciava sempre un bellissimo ricordo, in pratica senza accorgersene ogni proprietario mi donava (e mi dona) più di quanto io potessi immaginare.
Ci sarebbe tanto altro da poter e dover dire sui Giardini, ma preferisco lasciarvi con la mia idea di Jardinu. È il Luogo dell’Anima in cui ogni “provetto giardiniere” cerca di ricreare il proprio piccolo mondo a sua misura. Alla prossima.
Curiosità: Nello specifico u Jardinu è una costruzione tipica di Pantelleria che veniva realizzata dagli isolani con la pietra lavica per proteggere dal vento gli agrumi – anche una sola pianta – e trattenere sui frutti la rugiada notturna.
—————
L’autore dell’articolo è Salvatore Lo Bono
Amante dell’armonia della natura che affiora ogni qualvolta entra in un giardino e s’immerge nella sua perfezione innata. Sono queste le sensazioni provate quando prende in mano una zappa e un rastrello e si addentra in esso.
Una passione innata e coltivata grazie al forte legame con la terra che gli è stato tramandato dal nonno Turiddu il quale, riferendosi alla campagna di famiglia, la definiva teneramente “u jardinu”.
Ama tutti i lavori che richiedono manualità, attenzione, cura e passione ed è fermamente convinto che sia fondamentale piantare alberi in città per poter realizzare un’eufonia tra Polis e natura e “vederci un giorno arrampicare i nostri figli“.
Share